In questo articolo sui disturbi alimentari parleremo di:
Per disturbi del comportamento alimentare (DCA) si intendono delle disfunzioni del comportamento alimentare e/o comportamenti finalizzati al controllo del proprio peso corporeo.
I disturbi alimentari colpiscono in prevalenza il genere femminile anche se, negli ultimi anni, la percentuale di uomini a soffrire di queste problematiche sta aumentando.
Questi tipi di disturbi insorgono generalmente nell‘adolescenza, anche se si è registrato un aumento di casi di bambini e adulti affetti da problematiche alimentari.
Purtroppo, negli ultimi anni i disturbi alimentari sono notevolmente aumentati, in particolare nel mondo occidentale. Questo anche a causa di un ideale di magrezza sempre più diffuso, molto spesso irrealistico, ma estremamente nocivo.
Per questo motivo, si sta sempre più puntando su interventi di prevenzione e sensibilizzazione sul territorio e all’interno delle scuole. È fondamentale che genitori, ma anche il personale scolastico e le figure di riferimento per i giovani ragazzi e ragazze, sappiano riconoscere i segnali di un eventuale disturbo alimentare in modo da intervenire il prima possibile.
Cosa sono i disturbi alimentari?
In base al Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentale (DSM V) i disturbi dell’alimentazione vengono classificati in vari quadri sintomatologici:
- Anoressia nervosa
- Bulimia nervosa
- Binge eating disorder
- Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (inclusa l’ortoressia)
- Disturbo della ruminazione
- Pica
Il Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM) sottolinea come ciò che accomuna i disturbi alimentari sia l’autostima strettamente connessa alla forma e al peso del corpo.
I disturbi alimentari sono una vera e propria dipendenza: tutto ruota attorno al cibo, al dover fare attività fisica e all’ossessione per il proprio corpo. La persona dipende dal cibo che diventa “padrone assoluto”.
A proposito dell’anoressia e della bulimia:
Le estenuanti misure di controllo nella assunzione del cibo, l’avvilente ricorso al vomito, la disperata attività fisica, l’impellenza delle abbuffate ci mostrano in modo inequivocabile una perdita di libertà.
(Grando, 1999)
Per una persona che soffre di un disturbo alimentare, anche quei momenti che dovrebbero essere piacevoli, come uscire a mangiare una pizza con gli amici o il pranzo in ufficio, diventano fonte di ansia.
Per questo, si tende a modificare le abitudini alimentari e adottare modalità alimentari non comuni e persistenti.
Il tutto spesso avviene nella totale segretezza: la persona nasconde le sue preoccupazioni ed ansie rispetto al cibo, mentendo a chi le è più vicino.
Quali sono i sintomi psicologici dei disturbi alimentari?
Oltre a tutti i segnali di allarme sull’insorgenza e manifestazione dei disturbi alimentari, le persone che ne soffrono spesso presentano un quadro clinico definito e ricorrente.
Generalmente, il disturbo alimentare causa stati affettivi che vanno da umore depresso, ritiro sociale, bassa autostima a sintomi ansiosi come paura e agitazione di molte situazioni sociali.
A tali sentimenti si aggiungono poi delle modalità di relazionarsi con se stessi e con gli altri caratterizzate da controllo e perfezionismo.
Le principali preoccupazioni emotive che affliggono le persone affette da questi disturbi sono:
- Sentimenti di infelicità, fallimento, debolezza e vergogna
- Sensazione di avere bisogno di affetto e desiderio di protezione
- Sensazione di essere privi di valore, inefficaci
- Paura dell’abbandono
- Rabbia e aggressività avvertiti come spaventosi e intollerabili
- Paura che provare emozioni possa causare la perdita del controllo
In questo, l’uso del proprio corpo in relazione all’assunzione di cibo assume una forma di controllo estremo (condotte restrittive) o di perdita di autoregolazione con agiti impulsivi (abbuffate).
Tutti questi sintomi psicologici causano una grande sofferenza alla persona che, per di più, si sente impotente in quanto non riesce interrompere questi pensieri e comportamenti.
Quali sono le cause dei disturbi alimentari?
L’eziologia dei disturbi alimentari è complessa e multifattoriale.
La maggior parte delle volte infatti, non vi è una causa univoca ma incidono più componenti: le caratteristiche genetiche e caratteriali, il proprio vissuto, le dinamiche relazionali, ecc.
Ad esempio, il fatto di essere donna, in età adolescenziale e vivere in un paese occidentalizzato – dove lo stereotipo estetico più diffuso è quello della magrezza – sono sicuramente dei fattori di rischio.
Altri fattori di rischio sono legati alla presenza di condizioni familiari problematiche o psicopatologiche, come un genitore o un parente che soffre di alcolismo, depressione, ecc.
Inoltre, l’insorgenza del disturbo alimentare può dipendere dall’aver affrontato situazioni complicate o spiacevoli – problemi perinatali, abusi, lutti, espisodi di bullismo, ecc.
È impossibile quindi, non riconoscere un legame tra le dinamiche psicologiche della persona e lo sviluppo del disturbo dell’alimentazione.
Esiste una predisposizione a soffrire di un disturbo alimentare?
Come ogni altro disturbo psicologico, i disturbi alimentari sono segnali di profondo malessere e hanno un significato soggettivo che va approfondito.
Molto probabilmente il disturbo alimentare è uno dei modi trovati dalla persona per “stare in piedi“, ma che allo stesso tempo è disfunzionale e non gli procura benessere.
Di seguito riporto una citazione di Fabiola De Clercq che, nel libro in cui racconta la sua malattia, confessa che l’ossessione per il proprio corpo ha rapprensentato un tentativo di curarsi da sola:
Per non dipendere dagli altri i quali, secondo la mia esperienza di vita, possono abbandonarmi in modo irreversibile, mi sono creata una dipendenza forse ancora più dolorosa che troppe volte mi convinco di poter gestire da sola o interrompere qualora sia troppo pericolosa per la mia sopravvivenza.
(De Clercq, 1990)
Il fatto di soffrire di un disturbo alimentare non dipende dalla volontà della persona, così come per gli altri disturbi psicologici o le dipendenze.
Fin dalla nascita il cibo è legato alla relazione con l’altro.
Da subito infatti, impariamo a regolare le nostre emozioni in base alla necessità di venir nutriti dalla mamma. In seguito, il rapporto con il cibo si costruisce in base agli schemi appresi in famiglia e all’interno delle relazioni significative.
Il cibo può assumere diversi significati per ognuno di noi. Spesso ci ritroviamo a mangiare – o a non mangiare – perché siamo annoiati, tristi, arrabbiati o anche molto felici.
Alcune persone iniziano ad utilizzare il cibo come calmante o per anticipare qualsiasi possibile sensazione nociva. Altre invece come premio da concedersi per un traguardo raggiunto o dopo un lungo digiuno.
Per questi motivi, nel cercare di capire le cause di un disturbo alimentare, può essere opportuna non solo un’anamnesi alimentare ma anche un’accurata panoramica della storia relazionale ed emotiva della persona.
Disturbi alimentari, come uscirne?
Riconoscere di soffrire di un disturbo alimentare non è sempre semplice.
A volte, raggiungere la piena consapevolezza rispetto alla propria condizione di malessere può richiedere anche molto tempo.
Tuttavia, nel momento in cui ci si dovesse accorgere del proprio disturbo è importante non farsi prendere dal panico ma nemmeno sottovalutare la malattia.
Innescare uno stato di ansia eccessiva in alcuni casi può addirittura portare ad un peggioramento dello stato psicologico della persona e quindi all’aggravarsi del disturbo alimentare.
Allo stesso tempo però, sottovalutare i sintomi troppo a lungo può seriamente compromettere la propria salute fisica.
È importante evitare di colpevolizzarsi: il disturbo è la risposta ad un malessere emotivo profondo, non è colpa tua e anzi forse è l’unico modo che hai trovato per stare un po’ meglio.
In questi casi poi, può aiutare condividere i propri pensieri e sentimenti con qualcuno di vicino, che sappia ascoltare e far sentire meno soli nell’affrontare il dolore.
Infine, un passo importantissimo verso la guarigione dal disturbo consiste nel riuscire a chiedere aiuto. Rivolgiti a uno psicologo o una psicologa specializzati nella gestione di disturbi alimentari e che sappiano valutare la tua situazione e consigliare l’intervento più opportuno.